La
piccola spiaggia di sassi si era ormai abituata alla silenziosa presenza di quell’uomo
anziano il quale, col sole o con le nuvole, tutti i giorni dell’anno si
accomodava sotto il salice piangente, facendosi sfiorare dalle sue fronde mentre
queste ondeggiavano, cullate dalla brezza, come se stessero per tuffarsi in
acqua. Le onde, rese dense dal gelo invernale, accendevano i colori sbiaditi
dei sassi, accarezzando le radici di quell’albero solitario, nel loro armonico pulsare
in sintonia con i battiti del cuore del lago.
La
solitudine, in quell’ansa del mondo avrebbe regnato indisturbata, se il Mistero
silenzioso non avesse deciso altrimenti.
In un
freddo mattino la spiaggia vuota si animò di vita, per l’arrivo di un gruppo di
anatre che si fermarono a chiedere delle briciole, in cambio della loro
bellezza.
Un
bambino da lontano le vide, e le avvicinò di corsa, sbocconcellando loro del
pane che teneva tra le mani.
Con la
coda dell’occhio il bambino sbirciò il vecchio e il salice, e gli parvero
elementi di un quadro vivente che attendeva l’allegria di un fanciullo, così si
aggiunse a quella incantata presenza, senza che la tristezza potesse opporvisi.
Sarebbe
stato facile immaginare quale, tra i colori di quel quadro, si sarebbe opposto alla
depressione emanata dall’immagine.
La
qualità del silenzio è conosciuta solo dalle ragioni che le parole hanno per
tacere, ma il bambino non aveva ragioni da aggiungere al silenzio e salutò l’uomo,
i cui occhi cercavano di mettere a fuoco, nascosti dietro le sottili fessure
delle palpebre, i motivi che avevano allontanato un tenero affetto.
— Ciao—
disse sottovoce il bimbo, senza disturbare l’uomo con lo sguardo
— Ciao—
rispose questi, in risposta al calore della spontaneità
— Cosa stai
guardando?— continuò il piccolo, questa volta fissando i ricami delle rughe che
si erano animate nel rispondergli
— Cerco
di ricordare il volto di mio figlio, che non vedo da tempo—
— È
partito per andare lontano?—
— No—
rispose il vecchio
— Non
ci parliamo più—
Il
silenzio tentò di tornare, ma fu anticipato dalla curiosità del bambino
— Non
vuole perché sei stato cattivo con lui, o è lui a essere cattivo con te?—
— Come
ti chiami?— chiese dolcemente l’uomo
— Posso
chiamarti curiosino?— riprese, sorridendogli
— Il
mio nome è Benedetto, ma tutti mi chiamano Bibi, dicendo che per essere
benedetto dovrei smettere di imprigionare gli insetti che non vogliono giocare
con me—
Il
vecchio parve ricordare cose che non avrebbero dovuto essere importanti, ma che
si erano imposte alla sua attenzione
— Sì—
rispose
— Abbiamo
tutti provato a costringere la libertà altrui
— Ma togliere
la libertà anche a un solo insetto ferisce il tuo cuore, che batte perché è la
libertà di non arrestarsi ad accompagnare il suo ritmo—
Il
bimbo parve riflettere per un lungo istante
—
Perché il mio cuore è libero di battere, ma non di fermarsi?— gli chiese infine
—
Perché da lui dipende il rossore delle tue guance, che si allargano ad
accogliere il sorriso quando riconosci la verità, e il cuore vive di quei
sorrisi—
A
quella risposta il bambino gioì, e i suoi occhi s’illuminarono prima ancora di
chiedersi cosa fosse la verità.
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