lunedì 3 ottobre 2016

Estremi che si sfiorano

La piccola spiaggia di sassi si era ormai abituata alla silenziosa presenza di quell’uomo anziano il quale, col sole o con le nuvole, tutti i giorni dell’anno si accomodava sotto il salice piangente, facendosi sfiorare dalle sue fronde mentre queste ondeggiavano, cullate dalla brezza, come se stessero per tuffarsi in acqua. Le onde, rese dense dal gelo invernale, accendevano i colori sbiaditi dei sassi, accarezzando le radici di quell’albero solitario, nel loro armonico pulsare in sintonia con i battiti del cuore del lago. La solitudine, in quell’ansa del mondo avrebbe regnato indisturbata se il Mistero silenzioso non avesse deciso altrimenti. In un freddo mattino la spiaggia vuota si animò di vita, per l’arrivo di un gruppo di anatre che si fermarono a chiedere delle briciole, in cambio della loro bellezza. Un bambino da lontano le vide, e le avvicinò di corsa, sbocconcellando loro del pane che teneva tra le mani. Con la coda dell’occhio il bambino sbirciò il vecchio e il salice, e gli parvero elementi di un quadro vivente che attendeva l’allegria di un fanciullo, così si aggiunse a quella incantata presenza, senza che la tristezza potesse opporvisi. Sarebbe stato facile immaginare quale, tra i colori di quel quadro, si sarebbe opposto alla depressione emanata dall’immagine. La qualità del silenzio è conosciuta solo dalle ragioni che le parole hanno per tacere, ma il bambino non aveva ragioni da aggiungere al silenzio e salutò l’uomo, i cui occhi cercavano di mettere a fuoco, nascosti dietro le sottili fessure delle palpebre, i motivi che avevano allontanato un tenero affetto.
— Ciao— disse sottovoce il bimbo, senza disturbare l’uomo con lo sguardo
— Ciao— rispose questi, in risposta al calore della spontaneità
— Cosa stai guardando?— continuò il piccolo, questa volta fissando i ricami delle rughe che si erano animate nel rispondergli
— Cerco di ricordare il volto di mio figlio, che non vedo da tempo—
— È partito per andare lontano?—
— No— rispose il vecchio 
— Non ci parliamo più— il silenzio tentò di tornare, ma fu anticipato dalla curiosità del bambino 
— Non vuole perché sei stato cattivo con lui, o è lui a essere cattivo con te?—
— Come ti chiami?— chiese dolcemente l’uomo
— Posso chiamarti curiosino?— riprese, sorridendogli
— Il mio nome è Benedetto, ma tutti mi chiamano Bibi, dicendo che per essere benedetto dovrei smettere di imprigionare gli insetti che non vogliono giocare con me— il vecchio parve ricordare cose che non avrebbero dovuto essere importanti, ma che si erano imposte alla sua attenzione
— Sì— rispose 
— Abbiamo tutti provato a costringere la libertà altrui 
— Ma togliere la libertà anche a un solo insetto ferisce il tuo cuore, che batte perché è la libertà di non arrestarsi ad accompagnare il suo ritmo— il bimbo parve riflettere per un lungo istante
— Perché il mio cuore è libero di battere, ma non di fermarsi?— gli chiese infine
— Perché da lui dipende il rossore delle tue guance, che si allargano ad accogliere il sorriso quando riconosci la verità, e il cuore vive di quei sorrisi—

A quella risposta il bambino gioì, e i suoi occhi s’illuminarono, prima ancora di chiedersi cosa fosse la verità.