giovedì 5 novembre 2015

Una specie di macchina perfetta

Una specie di macchina perfetta, nella quale tutti i componenti concorrevano alla realizzazione di un unico obiettivo che, però, quella macchina ancora ignorava.
Era dotata di sensori a dir poco stupefacenti, in grado di valutare con precisione la natura di tutte le possibili situazioni in cui si sarebbe potuta trovare, e poteva osservare ogni aspetto della realtà dalla quale era circondata, la stessa che le aveva dichiarato guerra.
Vedeva, annusava, ascoltava, toccava, gustando i sapori dati dall’essere una realtà perfetta nelle proprie potenzialità, ma ancora imperfetta nei suoi componenti.
Imperfetti perché i sensori dovevano tradurre informazioni superiori alla dimensione in cui stava la materia, filtrate da cellule materiali. 
Quando le informazioni sottili sono vagliate da filtri grossolani subiscono un deterioramento che impone alla sottigliezza di addensarsi attorno alla pesantezza, così ciò che la macchina perfetta estraeva dalla verità, facendolo attraverso il percepire dei sensori, riduceva la verità a un insieme di realtà fisiche che avevano perduto, nella traduzione cellulare, la loro essenza spirituale.
Per questo la macchina aveva bisogno di credere e di non credere.

Per questo la sua debolezza la rese umana.

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