Ho letto diverse presentazioni di nuovi libri, pubblicati da piccole case editrici, che non significa siano poco serie. Libri scritti dalla generazione di laureati che deve fare i conti con l'età nella quale il Cristo si è lamentato col Padre eterno di essere stato, da Lui, abbandonato. I trenta anni li ho passati anch'io e so che è un'età problematica. Saturno, dopo ventinove anni e mezzo, passa sul nostro cielo di nascita e generalmente falcia tutto ciò che non ha il diritto di stare a petto in fuori. È questo un periodo disgraziato, portatore di accadimenti che rinnovano la vita col garbo di una mazza da baseball, tempo del primo anticipo da versare alla vita per convincerla a concederci una proroga, volta al guadagno della perfezione dello stato dell'essere che ci vede annaspare. Resta inteso che si sta parlando della perfezione esclusivamente nel suo aspetto armonico... È allora comprensibile che a trenta anni chi scrive cerchi di alleggerire la propria e drammatica condizione esistenziale trattando di argomenti leggerotti, ma a tutto c'è un limite. Gli scritti che ho letto di questa generazione di autori hanno tutti la stessa caratteristica: raccontano della vacuità della vita nel suo aspetto povero quando è priva di valori che indichino riferimenti certi, orientamenti attraverso i quali un intelletto assetato di conoscenza traccia le coordinate che indicheranno la direzione che deve avere un'esistenza sensata. Direzione che misura la sua qualità, spirituale e interiore. Questi libri sembrano raccolte di pensierini sconclusionati, slegati tra loro, miranti a meravigliare gli ingenui con accostamenti letterari che cercano l'originalità innovativa a tutti i costi. Si può dire che la stragrande maggioranza del materiale edito oggi è motivato solamente dalla necessità di avere successo, che subiscono molti giovani scrittori frustrati, allineati ai desideri di un mondo in ripido e rapido declino culturale.
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