domenica 6 marzo 2016

Il proprio, improbabile, futuro

La generazione nata nel dopoguerra del secondo conflitto mondiale dovette subire lo strascico del fascismo, che non si accontentò di aver provocato milioni di morti per riempirsi le tasche, nel suo aver mantenuto viva e attiva l'emulazione della predazione, come se questa fosse una via di realizzazione necessaria al raggiungimento della soddisfazione personale, fondata sul patriottismo che allontana a calci da sé l'amore che regge l'universo.
Per svincolarsi dalla stretta mortale, e poter crescere tra le macerie che sostituirono gli antichi valori perduti, i nuovi nati si ispirarono ai fiori e al loro vivere senza farsi ombra l'uno con l'altro.
Fu il tempo degli hippie e delle comunità nate nel rifiuto della violenza famigliare, impegnata a riempire scatoloni di cambiali per farsi fotografare sorridendo a un sole che accecava gli occhi, semi sdraiati sull'esile parafango di una cinquecento verde pisello comprata a rate.
Freak ribelli come macchioline di colore, sfuggite ai pennelli che ingrigivano il mondo, le nuove generazioni sognavano la pace e l'amore universale, dando libero sfogo alla creatività che non piace ai violenti dello Stato, in molte sue parti ancora fascista e mafioso, che si affidò alle bombe per convincere che la pace migliore fosse la sua, quella che vendeva lavatrici e frigoriferi a chi aveva pochi vestiti e solo pane e latte da poter mangiare. 
Le scuole, intanto, assolvevano il compito di dover riempire le menti di emozioni patriottiche, analoghe a quelle sportive che inveiscono contro il nemico col quale si gioca per divertirsi a insultare.
Leggi che incarceravano chi fumava marijuana diffusero l'uso delle droghe vere, quelle chimiche, e i nuovi nati lasciarono marcire i fiori preferendo le spine e i buchi nella pelle, in una tristezza sintetica vicina all'isteria.
Alla moda non parve vero il potersi appropriare della ormai sepolta creatività della generazione del dopoguerra, per riempire le sue passerelle delle parodie che scimmiottavano la sofferta libertà strappando e consumando i jeans nuovi, senza che questi si fossero una sola volta addormentati in un prato sotto alle stelle.
Piercing e tatuaggi, a riempire i vuoti di personalità vestite di finte avventure mai temute, riempiono oggi, deambulando tra le vetrine in saldo dei centri commerciali, i vuoti spazi dei loro desideri di affermazione. Personalità tristi e sole, eccitate dai lustrini che decorano le loro pance gonfie di insoddisfazione, amano per pochi istanti la vita che le deride, mentre guardano sprezzanti dall'alto al basso il proprio, improbabile, futuro.








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