venerdì 28 agosto 2015

Una competizione campestre

Ci si immagini di assistere come spettatori a una gara campestre, diciamo i tremila siepi, e di dover giudicare quale sia stato l'atleta migliore del gruppo di concorrenti.
Tutti tranne uno si buttano in avanti, determinati a conseguire la vittoria.
Quell'uno parte trotterellando maledizioni contro la scuola, che l'ha convinto a partecipare col miraggio della sufficienza in ginnastica.
A lui quella sufficienza farebbe comodo, perché essere bocciato in tutte le materie non sarebbe onorevole, almeno una di esse deve poter contraddire tutte le altre, e rispetto al bisogno di sopravvivere in questo mondo di predatori la ginnastica pare essere la più importante tra tutte quelle che non agevolano la fuga.
La maieutica socratica non ha mai salvato nessuno dall'essere sbranato.
La tremila siepi è gara dura se non si è allenati, si corre nella terra bagnata, nel fango, e l'erba scivolosa non è il massimo come punto stabile d'appoggio per saltare una siepe larga mezzo metro e alta un metro. In aggiunta il giardiniere che ha inventato questa specialità agonistica l'ha fatto per vendicarsi di chi crede che il lavorare sia poco sportivo, e ha seminato la gara di così tante siepi che la commissione del CONI, non riuscendo più a contarle, ha deciso di fermarsi a tremila e di chiamarla così.
In questo genere di competizioni la cosa peggiore che può fare un atleta non allenato è quella di partire forte, e gli studenti della Coppa città di Milano sono allenati a portare pesi nello zaino, mica a correre.
La distanza pare non accorciarsi mai, per chi sta correndo per la sufficienza in ginnastica, e il traguardo arriva dopo tre giri di pista, ma chi corre non si perde a contare i giri fatti e il traguardo arriva sempre inaspettato, come la morte.
Per fortuna gli atleti possono intuire di essere all'ultimo impietoso giro dallo sbracciare dei parenti, che temono di perdere l'onore della propria famiglia e così, anche quell'ultimo che era partito piano, si ritrova inaspettatamente davanti a tutti.
È a quel punto che si ricorda di aver solo puntato alla sufficienza, così decide di rallentare, perché per lui gli amici sono più importanti dei parenti.

Arriva sesto sui trenta, ma sa di aver vinto.

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