mercoledì 15 maggio 2013

Il Rif...


Stazione degli autobus di Tètouan... sud della Sicilia dall'altro lato della costa... l’autobusporto coi cessi più raffinati del sub-continente... lì le mosche non hanno bisogno delle ali per volare, sci-volano sugli olezzi che disegnano nell’aria circonvoluzioni solide che, quando li vanno a pulire (mai), fanno prima a ricostruirli. Per questo gli autisti non fumano hashish... non farebbe loro alcun effetto. E guidano da dannati, perché la vogliono far finita con questa vita infame. L’autobus, da Tètouan, arriva spedito e quasi in piano fino alla prima salita che conduce a Chefchaouen, amena cittadina che te la mena per farti comprare la terzera di piante scadenti, che vengono accatastate con la menta perché emanano poco profumo. Dopo qualche litigata si risale sull’autobus che dirige a Ketama, ma fa tutte le fermate a ogni villaggetto sotto la carretera, dove bimbi rompicazzo ti offrono sempre la solita terzera, ma più scura perché maneggiata tutto il giorno con le mani sudate. A mezza strada ci si ferma a una fontana dove ci si becca la diarrea, che garantirà le future allucinazioni. Il tragitto d’andata, che passa sopra le coltivazioni di marijuana (kife), è meno pericoloso del ritorno perché, oltre a essere in salita fino a Ketama, non ha passeggeri marocchini che trasportano placche di hashish inscocciate sulla schiena e che si siedono vicino agli europei per dire alla polizia, quando li becca, che lo stanno portando al turista che hanno di fianco, il quale, di solito, si schioppa tre mesi in cella con cinquanta marocchini i quali pensano sia giusto che l’ultimo arrivato serva tutti. Ma la corriera è rose e fiori al confronto di quello che può succedere a chi il viaggio lo affronta con i propri mezzi... Quella che segue è una storia che mi ha avuto come pietoso testimone:

Lui era un disabile, e se aveva altre abilità queste non erano immediatamente visibili, e stava seduto su uno di quei motorini a tre ruote col manubrio lungo, che conferisce al mezzo una stabilità da pattinatore alla sua prima volta, e caracollava felice sul suo mezzo a due tempi che sparacchiava irregolare, perché a quell’altezza devi smagrire la miscela per la rarefazione dell’aria e lui (il diversamente disabile), l’unica rarefazione che conosceva era quella delle sue ossa, che scricchiolavano in sintonia col mezzo il quale, a un certo punto, si è trovato di fronte un nugolo di ragazzini urlanti che gli gesticolavano di fermarsi per vendergli schifezza. Preso dal panico, il motociclista, con un piccolo scarto, ha innescato nel mezzo una paurosa serie di sbandate che l’hanno indirizzato giù dalla scarpata di terra, verso le case più in basso. I marocchini di Tamelzite sono sì dei rompicoglioni, ma anche delle brave persone, e l’hanno immediatamente soccorso con tutti i riguardi, accarezzando quei poveri resti, sia del motorino, che dell'autista il quale, inchiodato al motorino da due cinture incrociate di cuoio, l’aveva fedelmente seguito nei suoi rimbalzi fino in fondo alla ripida scarpata, di una trentina di metri alta. L’hanno ospitato in fattoria di Stito per due mesi, e una volta guarite alcune non gravi fratture, lo hanno sorpreso facendogli trovare il motorino rimesso a nuovo da un meccanico di Bab Berred e, già che c’erano, gli hanno riempito il telaio di zero-zero di qualità (hashish buonissimo) per scusarsi dell'accaduto. Lui è ripartito felice, e anche un po’ preoccupato per la frontiera. Non se ne è più saputo nulla, ma resta l’atroce sospetto che non gli sia stato facile evitare il successivo gruppo di ragazzini, che sicuramente lo avrebbe aspettato sulla carretera in prossimità di uno dei numerosi villaggi che costellano quei monti, così apparentemente tranquilli, come i sugheri che li punteggiano degradando svogliatamente fino al mare...

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