mercoledì 1 maggio 2013

Primo maggio


Questa mania di considerare il lavoro come fosse il fondamento della libertà la lascio ai nazisti e a tutti quelli che incensano lo schiavismo produttivo capace di preferire il cancro, che avranno i propri figli, alla fatica di dire no a una vita da formiche. Siamo schiavi delle macchine alle quali abbiamo sacrificato gli utensili da artigiano, e la nostra schiavitù è così crudele da sembrare desiderabile. Ci fa apparire una tela pasticciata come la sublime arte che esalta una libertà che non capiamo più, ci riempie di orgoglio per essere lucidatori di robot che costruiscono altri robot che non sanno dov'è l'uscita. Rispettando la scansione progettuale nella quale l'umanità olia i propri ingranaggi si va in chiesa a limare le scorie dei desideri repressi, scegliendo di guardare in basso perché il Cielo acceca. Ai funerali diciamo che il cadavere era un gran lavoratore e che il suo esser morto con la chiave da tredici stretta nel pugno assicura la vita eterna. Disprezziamo la gente di clausura che ha lo sguardo rivolto al Mistero, perché le macchine sono il nostro mistero, loro ci guidano verso la felicità che toglie il fiato, loro sono la nostra apparizione sacra, solide sotto al mantello di vernice traslucida che riflette il Cielo meglio di quanto non sappia fare il nostro cuore. Il primo maggio è la festa dal lavoro, ma di quello che fa la festa ai lavoratori.

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