mercoledì 29 maggio 2013

Umanità tossica


Un nuovo essere era sorto dalla profondità del buio cosmico o, semplicemente, da un buco nero come la coscienza che lo avrebbe assecondato, e l'ambiente attorno lo osservava con giustificato sospetto, almeno per quello che se ne sa oggi. La vegetazione aveva, da qualche migliaio di secoli, tirato un sospiro di sollievo per l'estinzione della specie dei dinosauri che l'avevano costretta a produrre ogni sorta di tossine, prima di sintetizzare quella buona che la liberasse da quell'afflizione, e adesso il sospetto che questo nuovo essere potesse diventare pericoloso per lei la metteva in allarme. Erano quelli i tempi nei quali una certa conoscenza infusa era generalizzata, oggi la chiamiamo "Età dell'Oro" proprio per quella caratteristica. Praticamente tutto l'esistente era consapevole che il proprio esserci era frutto della divisione di un'unità primordiale, alla quale si sarebbe dovuti tornare, e apparentemente solo questo ultimo nato, che chiameremo per comodità "uomo", non lo sapeva. Si potrebbe dire che il declino ciclico accelerò i suoi primi stentati passi proprio con l'entrata in scena di questo viscido essere. L'uomo era la tossina contro tutti i beni possibili, perché aveva quella che l'umanità chiama "La coscienza del bene e del male". Bastò poco all'uomo per dare alla coscienza un carattere di assolutezza, perché la coscienza rimane ferma, rispetto al pensiero che la violenta di continuo, imponendole le proprie opinioni, e alla coscienza non resta che piangere, aspettando il cambiamento che la trasformerà in consapevolezza attiva che sa trasformare la vendetta in giustizia cosmica.

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