mercoledì 30 gennaio 2013

Il giorno del Giudizio


Da ragazzo immaginavo che la mia vita sarebbe tornata al deposito, quello dove si rintana il futuro delle persone, verso i trenta anni di età. Superatili ho immaginato, ma solo allo scopo di ridere con gli amici, che sarei stato un vecchio dal quale sarebbe sbordato il denso fascino dato dalla lunga esperienza maturata drogandosi. Ora che fra tre anni entrerò ufficialmente nella terza età (a 63 anni si è afferrati per le caviglie e trascinati dentro controvoglia) non ho più bisogno di immaginare quello che, con meno arte, vedo riflesso nella crudeltà di uno specchio che prova piacere nell'esaltare solo i miei difetti, tra tutti quelli che vi si specchiano dentro, e ai quali rimanda immagini ringiovanite. Per vendicarmi lo lavo sputandogli sopra. Stavo dicendo che ho il mio futuro solidificato in faccia, senza nemmeno le rughe sorridenti della felicità intensamente vissuta. Rughe orientate verso l'alto che mi meriterei, per aver sempre cazzeggiato con una leggerezza irresponsabile che, a mio dire, doveva contribuire a mantenere giovane tutto il resto. Le palpebre stanno invece dicendo ai miei occhi che starebbero più comodi a guardare il mondo, che non hanno mai capito del tutto, attraverso due meno presuntuose fessure, la pelle pare voler cedere al richiamo della forza di gravità, come il grasso che le sta sotto, raggrumato dal disgusto per le schifezze che ingurgito, nell'inferno dei sensi di colpa, quando mia moglie mi lascia solo. Devo alla sua marziale solerzia il mio essere ancora vivo, e lei mi fa intendere di esserne consapevole, ogni volta che io alzo la cresta nell'addurre ragioni improbabili a giustificazione del mio comportarmi da maschio leggermente frustrato. Mi solleva il fatto di essere sull'impervio sentiero che conduce alla santità, anche se nutro qualche perplessità sul riuscire a sfangarmela nel giorno del giudizio universale, convincendo chi di me ne sa più di quanto ne sappia io.

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